Ogni artista, quando scrive, quando si esprime, quando intuisce che quello è il momento di lasciarsi andare, proprio in quel medesimo istante lascia aperta una breccia dalla quale puoi, se sei scaltro e attento, scorgere il mondo che racchiude, che racconta, che respira e che, in qualche modo immagina.
Non è sempre così anche se dovrebbe esserlo, diciamo per definizione, come una regola non scritta ma sentite un po’, in questo caso lo è, e come se lo è.
Alessandro Cristeli è un giovane pianista e compositore che con la Musica riesce a veicolare il suo personale linguaggio, a tratti intimo, altri ancora volutamente sbarazzino e velatamente irriverente.
Sono partito da “Piano Solo” un album del 2019, un mix di brani originali e reinterpretazioni di alcuni tra i brani più significativi della Musica cosiddetta popolare divenuti col tempo veri e propri riferimenti come nel caso di “Alfonsina y el mar” o “Estate” giusto per citarne alcuni. Poi come “In un giorno di neve” il nostro sguardo rimane sospeso così come i nostri pensieri e la vena melanconica che il brano si porta dietro ci lascia un senso di benessere, di pace, di equilibrio.
Ma veniamo a Hurry Up, il suo ultimo lavoro in studio registrato e pubblicato per la Fluente Records con il batterista Matteo Favero e il bassista Nik Muneratti che completano un Jazz Trio di tutto rispetto che con il loro suono fungono da collante tra i mondi, le situazioni, i paesaggi, gli stati d’animo che riconosciamo nei brani di Alessandro.
Le atmosfere urbane, quasi underground di "Only Indecision" fanno da apertura all’album per poi sfociare in passione istantanea, per nulla ragionata, tuttavia ancorata a una realtà dal sapore quotidiano in "Chest Press" e "Autumn is back".
I musicisti hanno il tempo di trovare modi e spazi per descrivere le loro declinazioni, proiettando fasci di note rassicuranti e mai invasive.
“Hurry Up” la composizione che dà il nome all’album è una sorta di sveglia mattutina ricolma di calore e ritmo cubano che sembra danzarci intorno sfiorandoci come la seta e ci accarezza il viso come un soffio di vento aizzato da un’onda grigia dell’oceano e poi ecco di nuovo quella breccia dalla quale riusciamo a intravedere quel senso di impotenza e malinconica solitudine che tutti noi, chi più chi meno, abbiamo percepito durante la pandemia; “Ghost City” è tutto questo e nel suo breve passaggio ci induce a non dimenticare e a non rassegnarci a ciò che chiamiamo, molte volte impropriamente, destino.
La speranza è l’ultima a morire, così come la passione e la voglia di fare “fiesta” e sognare con gli occhi umidi e luccicanti di amorevole ingenuità di un bambino che dai tasti del pianoforte sembra riflettere il suo sguardo e il suo sorriso, così autentico e disarmante.
Sulle note dell’intramontabile “Over the Rainbow” si chiude questo mio viaggio nelle fantasie e nelle verità di Alessandro; consiglio a tutti di ritagliarsi una mezz’ora per scoprire quanto di buono e piacevole possa rivelarsi ascoltare le virtù di questi musicisti qualora trovassimo l’ardire di scrutare al di là di quella breccia che per convenienza o per pigrizia chiameremo curiosità.
Cristiano Contin