Olive Klug, un raggio di sole a Portland

C’è un modo di fare Musica, di raccontarsi, di mostrarsi fragili e risoluti al tempo stesso che non ha bisogno di artifici, che non sente il bisogno di sorprendere ma solamente di esprimersi in modo naturale e quasi confidenziale.

Olive Klug è come “un raggio si sole che filtra da un muro di mattoni”, così come recita Parched una delle sue canzoni più intense contenute nell’album d’esordio Don't You Dare Make me Jaded, una vera e propria raccolta di pensieri, esperienze e riflessioni che ci rimandano un’artista tanto giovane quanto incantevole.

Mi sono imbattuto in Olive ascoltando una canzone dal titolo Song About America dove il saggio tono dimesso e quantomai lucido delle parole descrivono la grandezza, la bellezza, il fascino e soprattutto i peccati e le contraddizioni dell’America.

La sua voce gentile e calda sembra non poter far a meno di esplorare e di esprimere in tutti i modi l’irrequietezza della giovinezza come in Cut The Ties o nella stessa Fakin it che apre l’album per poi adagiarsi e a volte rifugiarsi nelle confidenze dell’anima, nei sentimenti più genuini, nei ricordi più fulgidi e toccanti come in Do You Think Of Us.

La naturalezza con la quale Olive canta e suona ci riporta in un mondo dove sogno e realtà convivono senza pregiudizi ed è come se ci insegnasse ogni volta, nota dopo nota, parola dopo parola, come si scrive una canzone senza pensare al perché o per chi o che cosa lo fai.

Olive Klug di Portland è una nuova luce nel sentiero in mezzo al bosco, un’auto solitaria che corre tra le montagne coi finestrini abbassati e la radio che suona, l’ultima birra nel frigo in un torrido pomeriggio d’agosto, una foto di scuola sul tuo comodino e una lettera d’amore che ancora non hai il coraggio di scrivere ma che un giorno, forse, scriverai.

Cristiano Contin

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Lato B