Roberta Giallo • Va in scena la Musica

Mi trovo come sospeso sul filo di un funambolo e cammino con inaspettata noncuranza sopra un tempo che appare indecifrabile, dal sapore lontano, come dipinto su una tela che in un abbaglio sorprende il passante lungo la Senna…i miei vestiti cambiano continuamente colore e la mia immaginazione sembra quasi cancellare i pensieri come dita tra i capelli, come gioiosi ricordi infantili, tutto riaffiora per poi sfumare in un lampo, come la luce di un faro o come l’orizzonte deriso e ingannato dal dondolio di un’altalena.

Sì, è così che le musiche di questa ispirata quanto talentuosa autrice mi fanno sentire o sarebbe meglio dire che riescono a trasportare il pensiero, la stessa percezione del tempo lontano dalla conforme contemporaneità, slegandosi completamente per raggiungere un universo più complesso ma allo stesso tempo intimo e infinitamente umano.

Sto parlando di “L’oscurità di Guillaume” della cantautrice Roberta Giallo, un autentico viaggio, il racconto di un amore che si rivela nella malinconia, nell’immaginazione, nell’incomprensione, nel desiderio sconfinato, nella purezza, nelle cose che non si riescono a dire e nel mistero che i nostri pensieri più reconditi custodiscono.

C’è bellezza, tanta bellezza, nella misura con la quale gli accordi si susseguono di brano in brano, scanditi dal pianoforte che fa da trait d’union per tutta la durata del disco per poi essere esaltato da arrangiamenti a tratti impetuosi, altri ancora delicati e curati con assoluta destrezza dall’ingegno di Mauro Malavasi e dalla supervisione dell’immenso Lucio Dalla che fu tra i sostenitori del progetto di Roberta Giallo per rendere questo concept album un vero e proprio spettacolo teatrale.

Ed ecco, finalmente lei, Roberta Giallo, che riesce in un tempo a rivelarci la sua naturalezza attraverso le parole e in un altro a solleticarci la fantasia con i fraseggi della sua voce così cristallina ed elegante. Un’artista a tutto tondo, il suo non limitarsi alla Musica come unica forma di espressione ne è la prova più tangibile, quella stessa Musica dalla quale le sfumature teatrali e letterarie dell’opera in questione traspaiono con assoluta brillantezza e vivacità.

Credo che in questa opera ci siano più che sufficienti elementi per comprendere quali siano le innumerevoli capacità dell’artista marchigiana e quanto svariate siano le potenzialità legate al suo impulso creativo, alla sua peculiarità, alle sue variopinte intuizioni.

Credo infine che l’arte, di questi tempi, abbia bisogno di riconoscersi in qualche modo, non solamente nell’estetica ma nelle virtù e nell’ingegno di chi, come Roberta, non segue gli schemi di fantomatiche tendenze o regole dettate dal gradimento o peggio ancora dal tanto osannato mercato, ma che invece segue un percorso del tutto personale, in maniera tanto umile quanto spregiudicatamente teatrale, e che ricerchi la bellezza senza nulla a pretendere se non di esistere.

Cristiano Contin

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