Francesco Nuti • Un giovane cuore sospeso
L’arte senza tempo dell’attore, regista e cantautore toscano.
Ci sono artisti che vanno studiati, altri che vanno sempre e comunque menzionati, altri ancora che rischiano o che vengono dimenticati, ci sono artisti che vanno riscoperti, così si dice, e poi ci sono artisti che rimangono come sospesi tra il genio e l’oblio e che passano veloci e lievi come un respiro e che se non riesci a coglierne nemmeno la più flebile presenza, forse è perché non stai vivendo veramente: uno tra questi ultimi è Francesco Nuti.
Francesco Nuti rappresenta per me la quinta essenza della giovinezza, nel significato più profondo del termine, dove sfrontatezza, timidezza, solitudine, incoerenza, incoscienza e una irrefrenabile ricerca dell’amore si accendono e si spengono in un lampo, in una battuta esilarante, in un paesaggio incantato, in un gioco di parole, in un primo piano, in una canzone anche solo accennata.
La Musica è una materia così vasta e il numero dei suoi interpreti e protagonisti così importante che risulta assai arduo individuarne i contenuti più significativi se ci si sofferma su l’aspetto puramente creativo e tecnico, ma se ti capita di ascoltare una canzone mentre guardi la scena di un film e avvertire un senso, insieme di trasporto e completezza, quasi sicuramente stai guardando un film di Francesco Nuti e quella che stai sentendo è senz’altro la sua timida e giovane voce.
Se i suoi film e i personaggi che interpreta sembrano attraversare il tempo e la realtà stessa con la medesima spregiudicatezza con la quale si oltrepassano i binari al sopraggiungere del treno, le sue canzoni sembrano fermare il suddetto tempo e raccontarci verità talvolta ovvie e maledettamente naturali che sembrano però sfuggirci poiché la complessità delle nostre vite ci allontana inevitabilmente dal nostro sentire più umile e sincero.
La sua arte, perché di arte si tratta, non invecchia mai, perché, proprio come succede ai suoi personaggi, rimane ancorata a quell’idea romantica dell’amore, sia esso cercato che perduto o ritrovato, che nella giovinezza trova la sua consacrazione così come l’euforia, la disperazione, la follia e la stessa immancabile e sottile ironia si esaltano e si rimbalzano come fossero un pallone calciato da ragazzini in una piazza fiorentina.
Ogni canzone scritta o solamente interpretata da Francesco meriterebbe una riflessione ma non è mia intenzione entrare nel dettaglio, rischierei di tralasciare sicuramente qualcosa come è logico che accada comunque, ma se c’è una cosa che credo sia quantomeno doveroso sottolineare è come la spontaneità e la semplicità con le quali Nuti si esprime nei suoi personaggi e nelle sue canzoni siano permeate di pura e talvolta profonda poesia, talmente presente e prorompente da riportarci nella dimensione in cui ognuno di noi sente di poter essere veramente se stesso, come, appunto, sospesi in una giovinezza senza tempo né età.
Trovo in Nuti una innata e quasi metafisica gentilezza, persino la volgarità che a dire il vero è quasi assente o comunque poco rilevante nei suoi dialoghi, scivola come le dita sulle corde di una chitarra come il suo accento marcatamente toscano che solo nelle canzoni, quelle più poetiche, è aggiornato a una dizione più volutamente corretta. Credo che questo suo modo di esprimersi così educato e pungente al tempo stesso, genuino e diretto, ma anche astratto e sognante, lo si possa ritrovare solo in altri giganti del Teatro, del Cinema e della Musica, come Totò, Alberto Sordi, Paolo Villaggio, Massimo Troisi o Giorgio Gaber.
Credo infine che non ci sia niente di più vicino alla sublimazione dell’arte quando con essa si riesce a fermare il tempo per farci contemplare ciò più ci affascina, ovvero la bellezza, e quando questo avviene anche attraverso la goffaggine espressa in una scena comica o nelle note soffiate di una canzone d’amore, ci avvicina ancora di più al nostro cuore, perché è quello il momento in cui tutto rivive, quasi come fossimo appunto, sospesi.
Cristiano Contin