Franco Cerri, messaggero del Jazz

Se ne va così, sommessamente, in punta di piedi, nello scorrere di un immaginario glissando, uno dei musicisti più virtuosi ed eleganti del panorama Jazz italiano.
Franco Cerri ha incarnato in modo esemplare ciò che potremmo definire il portavoce di un messaggio, di quel linguaggio tanto misterioso quanto sorprendentemente affascinante, ossia il Jazz appunto, del quale ha cavalcato le onde, ha tradotto i principi, attraversato le tendenze, interpretato le dissonanze, lo ha reso riconoscibile, ammaliante agli occhi del disorientato pubblico italiano così legato alla melodia e così poco avvezzo all’ improvvisazione.

Franco Cerri

La sua chitarra è stata per decenni un riferimento per tutto il mondo che ruota intorno a questo straordinario genere musicale e non si rischia minimamente di cadere in spicciola banalità se si afferma che quelle sei corde pizzicate, stressate o soavemente accarezzate dalle dita del musicista milanese abbiano tracciato un solco indelebile nella gloriosa storia musicale del secolo scorso.

La sua carriera è stata altrettanto strabiliante e colma di collaborazioni con alcuni dei nomi più importanti della scena italiana e internazionale, da Gorni Kramer a Chet Baker, da Dizzy Gillespie a Gerry Mulligan fino al pianista Enrico Intra e alla stessa Billie Holiday.

Ebbi l’occasione di sentirlo suonare dal vivo con la sua orchestra e quel ricordo riaffiora a cadenza intermittente nel mio cuore; la passione che traspariva dalla sua figura così elegante e divertita al tempo stesso era così vivida da risultare travolgente. Seppur il Jazz sia ormai considerato tra le musiche cosiddette colte e nonostante siano ormai tantissimi i suoi interpreti, mi sento di dire, in maniera disincantata e istintiva, che molti sono coloro che questa Musica la possono suonare ma, ahimè pochi sono quelli che la sanno raccontare, Franco Cerri era uno di quest’ultimi.

Cristiano Contin

Indietro
Indietro

Mammal Hands, il suono crescente di Norwich

Avanti
Avanti

Milleluci e mille ombre sulla deriva del mondo della TV