Algoritmo Social • Ipocrisia e presunzione

Dove finisce la scelta e dove comincia l'algoritmo

Se ancora non lo avete fatto vi consiglio caldamente di guardarvi il film - documentario “The Social Dilemma” proposto da Netflix nel quale oltre alle interessantissime testimonianze di alcuni tra i più importanti esperti di tecnologia informatica e di social media marketing che hanno ricoperto ruoli dirigenziali per Google e Facebook ad esempio, c’è un primo e assolutamente originale tentativo di umanizzare ciò che in informatica conosciamo come algoritmo.

Partiamo da questo film, perché il solo fatto che sia stato realizzato, che se ne sia avvertita l’esigenza, denota la deriva contorta, compulsiva e culturalmente mortificante nella quale il mondo della comunicazione e dell’interazione è finito.
L’argomento è complesso, un percorso tortuoso pieno di trappole, imprevisti e sorprendenti soluzioni, una sorta di Monopoli digitale che, tra i suoi scopi, ha quello di farti rimanere il più a lungo nel gioco e casomai di farti tornare al punto di partenza. Un meccanismo meschino che agisce sui nostri comportamenti, sulle nostre scelte, sui nostri desideri in maniera a noi sconosciuta poiché vittime inconsapevoli di un raggiro diabolico che si presenta come un’estensione delle nostre capacità, di ricercare prima, di scegliere poi e infine di condividere ed interagire. Se a questo colleghiamo il tanto agognato bisogno di protagonismo insito in ognuno di noi, ecco che attraverso i nostri più aggiornati Device possiamo proiettare l’immagine che più pensiamo ci possa rappresentare finendo per scorporarci definitivamente dalle nostre anime prosciugate da ogni tipo di sensazione reale e quindi vitale.

Ipocrisia non è forse un modo di porsi paragonabile al concetto di virtuale?
Io trovo addirittura denigrante per l’ipocrisia stessa intesa come concetto essere abbassata al livello di virtuale, forse perché della stessa ne esiste una versione fittizia e non reale, quasi come se tutto o quasi possa essere artefatto e in qualche modo programmato, ed è questo che spaventa e che grida vendetta, ovvero questo maniacale e perfido meccanismo di controllo mascherato da assistenza al quale l’uomo del terzo millennio è suo malgrado assoggettato.
È possibile vivere scollegati da internet e dai media?
Certamente sì, ma è altrettanto possibile ricavarsi un ruolo che possa essere considerato di un certo rilievo sociale, ammesso che si dia alla socialità stessa una importanza vitale?
Capite che il digitale non è affatto una novità in senso assoluto ma casomai uno strumento nuovo del quale nessuno di noi ha veramente il controllo nemmeno chi lo sviluppa e progetta algoritmi sempre più sofisticati per raggiungere tale scopo.
L’algoritmo appunto, ma che cosa secondo voi si prefissa di fare, cosa c’è a monte?
Se solo pensiamo a quanto teorizzava Aristotele nel suo “La Politica” in cui definiva l’uomo come “animale sociale”, capiamo bene che i presupposti sui quali si basano le attuali strategie di comunicazione sono radicati da millenni in quella che oggi identifichiamo come cultura occidentale ma che di fatto è mutata in qualcosa di più simile a un pensiero comune la cui più evidente deriva è l’attuazione spropositata del politicamente corretto.
In tutto questo oceano di buoni propositi o presunti tali l’algoritmo sguazza come la più viscida delle anguille con l’ardire o meglio con la presunzione di alimentare e arricchire i nostri interessi da una parte, ma con il più subdolo compito di ancorare nuovi clienti, nuove inserzionisti e nuovi advisor dall’altra.

Cambiano i parametri su cui misurare l’appeal, l’interesse, perfino il valore artistico se solo pensiamo al “Watch Timedi YouTube, il sistema di calcolo per nulla trasparente con il quale la piattaforma digitale in questione rileva le visualizzazioni decidendo a sua completa discrezione cosa evidenziare e cosa addirittura censurare.
Chi vi scrive è un musicista e in quanto tale, ho scelto di intraprendere un uso dei social media il più possibile mirato alla mia professione, cercando di eludere quelle che dovrebbero essere le linee guida più appropriate ed efficaci per richiamare interesse sulle mie attività. Se si sposa quest’ultima condotta si possono ottenere risultati solamente investendo in promozioni che in un’ottica di mercato sono sicuramente procedimenti molto più accessibili e modulabili rispetto all’offerta pubblicitaria del recente passato pre-social, ma questa è la visione nonché la risposta che il mainstream è pronto a formulare per giustificare tali strategie. Peccato che nella paludosa giungla dei vari Instagram, Facebook, Twitter etc. la stragrande maggioranza delle persone che a volte non sono nemmeno quello, si muove come una massa informe di detriti coprendo di una melma moralista, narcisista, ipocrita e quantomai conformista tutto ciò che soffoca sotto di essa, ovvero la vita reale.

Chiediamoci quanto i nostri inflazionati “Like”, cuoricini, faccine e quant’altro, siano frutto di puro interesse, critico, artistico o semplicemente umano, chiediamoci che cosa ci spinge a soffermarci su questa o quella foto, su questo o quel video, su questa o quella frase, chiediamoci di cosa siamo curiosi o se veramente lo siamo, perché la curiosità, quella vera, dovrebbe significare la voglia di sapere, come ciò che spinge il ricercatore oltre i suoi continui fallimenti, il filosofo oltre i suoi ragionamenti, il bambino oltre le sue paure e verso le meraviglie che lo attendono. Chiediamoci se e quanto siamo veramente liberi di fare delle scelte e quanto tempo dedichiamo seriamente a coltivare il nostro spirito, la nostra umanità, attraverso la lettura, l’ascolto della Musica, lo scambio di opinioni con le nostre amicizie, l’amore per le persone, gli animali e le stesse cose a noi cari.

Presunzione e ipocrisia, se ne vanno a braccetto per questo sentiero, l’uomo e l’algoritmo inseguono gli stessi obiettivi percorrendo strade differenti, ma l’uomo, tutti noi, consapevoli o inconsapevoli, poveri o ricchi, vecchi o giovani, abbiamo ancora una possibilità fino a qui preclusa a tale mostro informatico: noi possiamo scegliere, non chi seguire, non cosa ci piace o non ci piace ma cosa veramente desideriamo per la nostra vita.

Cristiano Contin

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