Le Musiche solitarie
Quanto conta la creatività e il confronto nel produrre Musica oggi?
Vivendo in un momento storico così surreale, incerto, dove i propri riferimenti sembrano slittare in posizioni differenti, dove la stessa percezione del tempo sembra in qualche modo allargarsi, ed essendo io, prima di tutto, un musicista e un autore di canzoni, mi sto accorgendo di quanto sia difficile vivere il proprio impulso creativo senza un reale ed estemporaneo confronto. Creare Musica è di per sé un atto profondamente intimo e soggettivo, questo è indubbio, non possiamo immaginarci Beethoven o Puccini mentre compongono se non isolati nelle loro rispettive stanze con la sola compagnia di un pianoforte, uno spartito e una matita, tuttavia ciò che immaginano non è qualcosa che appartiene a loro ma piuttosto una visione di insieme, di tante, infinite idee che prendono forma, ciò che più comunemente siamo soliti riconoscere come ispirazione. Se consideriamo quanto appena descritto, ecco che si rende possibile intravedere come l’ispirazione sia solo il punto di partenza di uno straordinario percorso che porta al risultato finale, ovvero la composizione; la Musica cioè, l’idea, per questi giganti e per molti altri prima e dopo di loro, non nasce e si completa in un unico e solitario luogo ma insegue, in infinite modulazioni, il sogno di diventare un giorno, una sinfonia, una melodia, un’opera e che la sua definitiva consacrazione sia la sola esecuzione. Se invece pensiamo a come la maggior parte dei contenuti musicali di cui fruiamo oggi, cliccando play su una qualsiasi playlist di Spotify ad esempio, sono per lo più concepiti e realizzati, ci accorgiamo che molto o quasi tutto di quello che in passato comportava scrivere Musica è di fatto disatteso.
La figura del Producer, incarnata in passato da maestosi musicisti come ad esempio Quincy Jones, oggi arruola tra i suoi protagonisti personaggi molto meno preparati musicalmente parlando ma molto più aggiornati in senso tecnologico. Ecco, quindi, che le canzoni si trasformano in produzioni che vengono sviluppate in tempi molto più brevi e che non escono mai dallo studio di registrazione e più ancora da quelli che oggi chiamiamo Home studio, stanze o ripostigli trasformati in improbabili postazioni di lavoro, e in alcuni casi, senza nemmeno uno strumento acustico a fare almeno da soprammobile. Ci raccontiamo che l’interazione attraverso lo scambio di files audio e video, o la creazione di chat room possa in qualche modo sopperire al bisogno di cooperare, ma non è così; la Musica è altro, la creatività è un’altra cosa, suonare insieme non può e non deve prescindere dallo stare insieme nello stesso studio, la stessa sala prove, lo stesso auditorio o teatro. Se tutto questo venisse meno, come purtroppo in questo esatto periodo stiamo sperimentando, la Musica perderebbe la sua funzione primaria, ovvero quella di farci scoprire nuovi mondi fuori e dentro di noi. Ridurre la Musica a prodotto, che in quanto tale sia progettata per soddisfare determinati gusti, e rendere il volume dei suoi introiti sempre meno incisivo se solo pensiamo alle ridicole percentuali applicate al download sul web, significa svilire ulteriormente e snaturare il concetto stesso di arte e di creatività a beneficio di un mercato e di una politica che mira solamente a catalogare e non a promuovere.