La Musica e il silenzio dei dissidenti

Si apre il sipario sul 2022 e come per incanto si cancellano gli spettacoli, non certo quelli televisivi, quelli restano e si moltiplicano come d’altronde i salotti gremiti dalle gole urlanti di vecchi e nuovi vip, ovvero la realtà supera ancora una volta la fantasia. Non è sui dettagli che mi vorrei soffermare, seppur in molti casi gli stessi facciano ben più che la differenza, di fronte all'ennesima ondata virale il “governo dei migliori” ha pensato, tra le altre cose, di ridurre le capienze degli impianti sportivi aumentando di "concerto" le spese vive relative alle forniture di luce e gas per tutti i consumatori, il tutto con un preavviso di una manciata di giorni e senza prevedere alcuna misura ristoratrice.

I termini della vicenda pandemica hanno ormai assunto toni più che grotteschi, superando anche la più recondita tra le congiure e le meschinità.

A due anni dalla proclamata e pluri prorogata emergenza, dopo decine di dpcm, di autodichiarazioni e dichiarazioni molto spesso mendaci, di ambiguità giuridiche e di subdola e nauseabonda retorica ciò che dovremmo pretendere a gran voce e con assoluta risolutezza è giustizia e non assistenza.

Giustizia per il mondo della Cultura, per i cittadini italiani, per le persone che non ci sono più e per coloro che hanno sofferto perché malati o perché a supporto di questi ultimi.

Elemosinare nuovi quanto irrisori e inutili ristori non fa che avallare ulteriormente le scelte adottate sin qui dal governo. Non ammettere l'oggettiva contraddizione in essere rappresentata dal lasciapassare verde e per giunta accettarne di buon grado la fruizione, adeguandosi in modo mesto e prono a misure tanto strampalate quanto pericolosamente anti democratiche è quanto di più irriconoscibile ci si possa aspettare da quella parte di società, quella rappresentata dagli artisti intendo, che per prima dovrebbe sentirsi incline quasi per vocazione a rigettare, criticare o quantomeno discutere una qualsivoglia forma di imposizione sia essa legittima o meno.

La Musica non suona, le parole non scorrono impetuose ad agitare le coscienze, regna un surreale e impaurito silenzio, un impercettibile senso di assuefazione, di omologazione tanto anacronistica quanto spaventosamente contagiosa, come e forse più dello stesso infame virus, un silenzio tanto potente da assopire gli stessi impulsi per loro natura reazionari dei giovani universitari e dei giovani in generale. Le strade e le piazze un tempo invase dall'impeto e dall'irriverenza delle nuove generazioni oggi sono attraversate da donne e uomini tanto generosi quanto innocui che finiscono inevitabilmente in pasto ai detrattori più accaniti, così da essere derisi, umiliati, etichettati, sminuiti, bollati per non dire accusati.

Da musicista, seppur umile e di ben poca fama, mi chiedo cosa o quali sarebbero state le reazioni dei vari Dalla, De André, Gaber, Pino Daniele o lo stesso Battiato se fossero ancora in vita, non lo sapremo mai ahimè, di Vasco e della sua Vita Spericolata, di quel grido liberatorio penso non si riesca a percepire che un debole bisbiglio, per non parlare del Diablo impersonato dal “ribelle” Pelù e via di questa lena si potrebbe continuare all'infinito.
Se cercassimo di trovare conforto nelle terre anglofone oppure in quelle d’oltre oceano ci troveremmo davanti allo stesso imperturbabile muro di gomma, a parte qualche eccezione, vedi Clapton e Van Morrison.

Se giustificare l'ingiustificabile è ciò che vogliamo, che allora il nuovo anno avanzi senza vergogna alcuna ma, se il troppo silenzio ci fa sentire anche solo per un istante un tantino dubbiosi e irrequieti, forse è arrivato il momento di rialzare la testa, di armare la nostra voce e di cominciare a suonare la Musica che dissente.

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Gegè Telesforo • Racconto di un concerto dove tutto diventa possibile

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